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Ivosidenib nel setting del colangiocarcinoma metastatico: testimonianze dall'esperienza clinica italiana

Testata Real Life Experiences in Onco-Hematology Referenza Real Life Experience In Onco-Hematology N° fascicolo Anno 5, N 2, 2022 DOI /

Ivosidenib nel setting del colangiocarcinoma metastatico: testimonianze dall'esperienza clinica italiana

Il colangiocarcinoma è un tumore raro, che rappresenta circa il 3% di tutte le neoplasie gastro-intestinali, ad elevata malignità. In Italia, nel 2020, sono state stimate complessivamente circa 5.400 nuove diagnosi di tumori alle vie biliari con una sopravvivenza a 5 anni, per tutti gli stadi, del 17% negli uomini e del 15% nelle donne. Nella maggior parte dei pazienti il colangiocarcinoma si presenta come una malattia metastatica fin dalla diagnosi e, anche in seguito a un intervento chirurgico radicale o potenzialmente curativo, eseguibile tuttavia in un numero limitato di casi, il 60% dei pazienti recidiva entro due anni. Nei pazienti con malattia avanzata la chemioterapia sistemica rappresenta la scelta terapeutica. In prima linea il regime di combinazione con cisplatino e gemcitabina costituisce la migliore opzione terapeutica avendo dimostrato maggiore efficacia in uno studio randomizzato.Studi clinici in pazienti pretrattati hanno evidenziato l’efficacia degli inibitori di FGFR2 e di IDH1, in pazienti che presentavano alterazioni molecolari di questi due geni. Un’attività clinica è stata evidenziata anche per l'associazione dabrafenib e trametinib in pazienti con mutazioni del gene BRAF. Ivosidenib è un inibitore allosterico, reversibile, altamente specifico per IDH1 mutato, capace di diminuire i livelli di 2-idrossiglutarato nel tumore e ripristinare il differenziamento cellulare fisiologico. Nel 2019 la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato ivosidenib per il trattamento orale di pazienti con leucemia mieloide acuta con mutazione di IDH1, e nel 2021 ne ha esteso l’indicazione ai pazienti con colangiocarcinoma con la stessa mutazione, che avessero progredito alla chemioterapia standard. In questa raccolta di casi, viene descritta la storia clinica di quattro pazienti affetti da colangiocarcinoma con mutazioni di IDH1. Ivosidenib è risultato ben tollerato, ha prolungato la sopravvivenza e ha permesso il mantenimento di una buona qualità di vita. In tre pazienti veniva ottenuta una risposta obiettiva, e in un caso questo consentiva anche un successivo approccio chirurgico. I casi clinici descritti confermano le prospettive della medicina di precisione anche in questa malattia neoplastica e ripropongono in real-life l’impatto clinico di ivosidenib.

Zolpidem sublinguale nella fase iniziale del sonno rispetto a zolpidem orale: studio polisonnografico in pazienti con insonnia primaria

Testata Quick Review Referenza QRIN.2022.1 N° fascicolo 2/2022 DOI 10.57575/QRIN.2022.1

L’insonnia è uno dei problemi di salute più pervasivi, con una prevalenza compresa tra il 20 e il 50% nella popolazione occidentale. Le cause dell’insonnia sono molteplici e le sue caratteristiche, durata e tipologia, estremamente variabili. In generale, circa il 60% dei pazienti lamenta difficoltà nell’addormentarsi e il 40% lamenta invece problemi nel mantenere il sonno. La farmacoterapia è il trattamento più usato nella gestione dell’insonnia e gli ipnotici con azione sul complesso dei recettori GABA sono ad oggi i farmaci più sicuri ed efficaci utilizzati nella pratica clinica Uno studio multicentrico è stato condotto al fine di confrontare gli effetti ipnotici, valutati ediante polisonnografia (PSG), di una singola dose di zolpidem 10 mg a somministrazione sublinguale con lo stesso dosaggio di zolpidem compresse orali, in pazienti rispondenti ai criteri per l’insonnia primaria secondo il DSM-IV Zolpidem sublinguale è risultato superiore a zolpidem orale nell’indurre il sonno e può quindi portare maggiori benefici in quei pazienti la cui insonnia è caratterizzata da una difficoltà nell’addormentamento.

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Trattamento dei sintomi delle basse vie urinarie nei pazienti con carcinoma prostatico: il ruolo di triptorelina

Testata Clinical Point Referenza CLPOINT.2022.01 N° fascicolo 9_2_2022 DOI 10.57575/CLPOINT.2022.01

Trattamento dei sintomi delle basse vie urinarie nei pazienti con carcinoma prostatico: il ruolo di triptorelina

TITLE With a subtitle line doubled 2021 Anno 4, N. 1 Esperienze nella pratica clinica con il trattamento in terza linea con pixantrone in pazienti anziani affetti da Linfomi Non Hodgkin diffusi a grandi cellule B (DLBCL)

Testata Real Life Experiences in Onco-Hematology Referenza Real Life Experiences in Onco-Hematology - Anno 4, N° fascicolo Anno 4, N. 1 - 2021 DOI /

TITLE With a subtitle line doubled 2021 Anno 4, N. 1 Esperienze nella pratica clinica con il trattamento in terza linea con pixantrone in pazienti anziani affetti da Linfomi Non Hodgkin diffusi a grandi cellule B (DLBCL)

Esperienze nella pratica clinica con il trattamento in terza linea con pixantrone in pazienti anziani affetti da Linfomi Non Hodgkin diffusi a grandi cellule B (DLBCL) A cura del Dottor Vincenzo Pavone U.O. Ematologia – Trapianti, Azienda ospedaliera Pia Fondazione “card. G. Panico”, Tricase (LE) L’analisi riguarda la valutazione di cinque casi clinici relativi a pazienti affetti da Linfomi non Hodgkin aggressivi, prevalentemente Linfomi diffusi a grandi Cellule B, con malattia avanzata e con fattori prognostici altamente sfavorevoli. I fattori prognostici dei pazienti in oggetto che deponevano per una potenziale risposta negativa alla terapia instaurata erano: un IPI elevato, in alcuni casi con score 4/5, una malattia extra-nodale anche con interessamento di più sedi, e in tutti i casi un’età very elderly, la presenza di comorbidità, lo stato di “unfit” o di “frailty”. Il fattore prognostico più sfavorevole era indubbiamente rappresentato dallo stato di Linfoma Recidivato o Refrattario, e in alcuni casi “primary-refractory” e con almeno due linee di terapia effettuate in precedenza. Una popolazione, pertanto, nella quale difficilmente ci si sarebbe potuto aspettare una potenziale risposta clinica con, per contro, un’importante tossicità ematologica e d’organo. La terapia con pixantrone è stata altamente efficace in termini di possibilità di raggiungere una risposta utile per ottenere un importante controllo della malattia con una buona qualità della vita [1]. In termini di efficacia tutti i cinque pazienti hanno ottenuto una Remissione Completa di malattia valutata con TC e PET-TC. Tale dato è estremamente da rimarcare perché si è verificato in malattie a prognosi altamente sfavorevole e refrattarie a più linee di trattamenti precedenti. Oltretutto, tali risposte si sono manifestate in quattro pazienti non candidati al trapianto per età o per comorbidità. La percentuale di risposta così elevata in tale subset di pazienti con Linfoma ad alto grado di malignità, si spiega, oltre che per la peculiarità chimica del farmaco, anche per la scarsa tossicità ematologica che ha permesso sia una corretta dose intensity, sia l’effettuazione di tutti i cicli previsti del trattamento [1,2]. Da rimarcare è la scarsa tossicità cardiaca in pazienti già sottoposti a terapia con antracicline, e in un caso anche con una ben documentata patologia cardiaca, senza nessuna variazione della frazione d’eiezione ventricolare (FEV) [3]. La risposta al trattamento con pixantrone, nei casi in esame, ha inoltre ottimizzato la qualità della vita vista la possibilità di riduzione della patologia linfomatosa senza tossicità infettiva e/o extra-ematologica. Il pixantrone, alla luce di questi dati, può essere con successo utilizzato per ottenere una risposta utile per praticare un bridge al trapianto autologo o in attesa di avviare i pazienti candidabili a terapie cellulari come le CAR-T, come indicato da uno dei nostri casi della real life [4]. Pertanto, il pixantrone offre la possibilità di ottenere in terza linea risposte utili nel controllo di una patologia così sfavorevole ed entra di diritto nell’albero decisionale della strategia terapeutica in una fase di malattia in cui, al momento, ci sono poche opzioni terapeutiche per pazienti con malattia avanzata, soprattutto se anziani e unfit [2].