Esperienze nella pratica clinica con il trattamento in terza
linea con pixantrone in pazienti anziani affetti da Linfomi
Non Hodgkin diffusi a grandi cellule B (DLBCL)
A cura del Dottor Vincenzo Pavone
U.O. Ematologia – Trapianti, Azienda ospedaliera Pia Fondazione “card. G. Panico”, Tricase (LE)
L’analisi riguarda la valutazione di cinque casi clinici relativi a pazienti affetti da Linfomi non
Hodgkin aggressivi, prevalentemente Linfomi diffusi a grandi Cellule B, con malattia avanzata e
con fattori prognostici altamente sfavorevoli.
I fattori prognostici dei pazienti in oggetto che deponevano per una potenziale risposta negativa alla
terapia instaurata erano: un IPI elevato, in alcuni casi con score 4/5, una malattia extra-nodale anche con
interessamento di più sedi, e in tutti i casi un’età very elderly, la presenza di comorbidità, lo stato di “unfit”
o di “frailty”.
Il fattore prognostico più sfavorevole era indubbiamente rappresentato dallo stato di Linfoma Recidivato o
Refrattario, e in alcuni casi “primary-refractory” e con almeno due linee di terapia effettuate in precedenza.
Una popolazione, pertanto, nella quale difficilmente ci si sarebbe potuto aspettare una potenziale risposta
clinica con, per contro, un’importante tossicità ematologica e d’organo.
La terapia con pixantrone è stata altamente efficace in termini di possibilità di raggiungere una risposta utile
per ottenere un importante controllo della malattia con una buona qualità della vita [1].
In termini di efficacia tutti i cinque pazienti hanno ottenuto una Remissione Completa di malattia valutata
con TC e PET-TC. Tale dato è estremamente da rimarcare perché si è verificato in malattie a prognosi
altamente sfavorevole e refrattarie a più linee di trattamenti precedenti. Oltretutto, tali risposte si sono
manifestate in quattro pazienti non candidati al trapianto per età o per comorbidità.
La percentuale di risposta così elevata in tale subset di pazienti con Linfoma ad alto grado di malignità, si
spiega, oltre che per la peculiarità chimica del farmaco, anche per la scarsa tossicità ematologica che ha
permesso sia una corretta dose intensity, sia l’effettuazione di tutti i cicli previsti del trattamento [1,2].
Da rimarcare è la scarsa tossicità cardiaca in pazienti già sottoposti a terapia con antracicline, e in un caso
anche con una ben documentata patologia cardiaca, senza nessuna variazione della frazione d’eiezione
ventricolare (FEV) [3].
La risposta al trattamento con pixantrone, nei casi in esame, ha inoltre ottimizzato la qualità della vita vista
la possibilità di riduzione della patologia linfomatosa senza tossicità infettiva e/o extra-ematologica.
Il pixantrone, alla luce di questi dati, può essere con successo utilizzato per ottenere una risposta utile per
praticare un bridge al trapianto autologo o in attesa di avviare i pazienti candidabili a terapie cellulari come
le CAR-T, come indicato da uno dei nostri casi della real life [4].
Pertanto, il pixantrone offre la possibilità di ottenere in terza linea risposte utili nel controllo di una
patologia così sfavorevole ed entra di diritto nell’albero decisionale della strategia terapeutica in una fase
di malattia in cui, al momento, ci sono poche opzioni terapeutiche per pazienti con malattia avanzata,
soprattutto se anziani e unfit [2].